LA SCUOLA PROFESSIONALE

La Scuola Professionale del Mobile d’Arte di Giuseppe Merlin

L’idea che animò Giuseppe Merlin era quella giusta e cioè di diffondere e promuovere la creazione di una scuola per artigiani che fosse garante e depositaria di quell’arte che aveva caratterizzato la sua umile nascita e potesse promuovere il benessere anche agli altri artigiani locali.
L’economia della pianura veronese alla fine dell’800 era prettamente contadina.Erano queste zone della pianura veneta terre di grandi latifondi dove la gente era estremamente povera e veniva reclutata in massa come forza lavoro.
Si soffriva la fame e i braccianti mangiavano per mesi e mesi solo polenta ed erba ammalandosi di scorbuto.
I territori malsani e acquitrinosi aumentavano l’incidenza delle malattie ed alta era la mortalità infantile.
La protesta contadina contro le famiglie clericali e fondiarie era impotente.
In questa condizione l’unica alternativa per fuggire alla fame e allo sfruttamento agricolo era l’emigrazione.
Nei primi anni del ‘900 la retorica del tempo, elevava l’ artigianato ad alternativa economica “rivoluzionaria” socialista e progressista rispetto ai ‘signori della terra’ che volevano mantenere la popolazione a livello di sottoproletariato per la manovalanza agricola e delle fabbriche.
Giuseppe Merlin artista-imprenditore fu uno dei primi a ribellarsi a questa condizione intuendo che l’approfondimento di quel lavoro che gli stava dando successo avrebbe portato miglioramenti non solo alla sua famiglia ma anche a tutta la zona.
Non appena le possibilità economiche glielo consentirono apprese umilmente le tecniche artigiane dagli artisti d’arte che venivano dall’accademia di Brera, o dalla Cignaroli di Verona. Andò ad imparare la laccatura a Firenze e a Venezia.Mandò anche i suoi allievi – falegnami a Venezia, presso le famiglie patrizie e presso le botteghe specializzate.
Frequentò tutte le botteghe di Verona che potevano insegnargli qualcosa: imparò il mestiere di tappezziere presso Lonardelli, la doratura dalle botteghe di Santa Anastasia,l’ intaglio presso la bottega del Falceri.
Merlin Giuseppe insegnava ai suoi allievi sempre a partire dagli originali che aveva a disposizione per ricopiarli. Quando non li poteva avere mandava uno dei suoi allievi “in missione” anche fino a Venezia ad esempio per ricopiare un bureau originale.
Paolo de Paoli,Maestro d’arte che imparò alla sua scuola, narrava che un giorno toccò proprio a lui andare a Venezia a ritrarre da una nobile famiglia patrizia un bureau. “Andò con la sua bicicletta in una giornata. Fu una giornata memorabile. Dall’alba al tramonto,pasto pagato.Ma l’indomani Giuseppe Merlin aveva in mano il bozzetto per preparare il nuovo modello, e così fu.”
Giuseppe Merlin non cercò di nascondere e tenere segrete le tecniche di lavorazione ma incentivò l’apprendimento di tutti coloro che volevano imparare un mestiere.
Gli allievi venivano tutti i giorni ad Asparetto da Caselle,da Bionde, da Cerea, da Bovolone, da Bonavicina,Sanguinetto e molti altri paesi.
Nel 1926 la Scuola del Merlin collaborò con il Commissario Governativo dell’Artigianato che andava costituendo la Federazione Artigiana Autonoma Veronese e nel 1930 diventò la “Scuola artigiana del mobile d’arte di Asparetto” sotto l’egida dell’Istituto per il Lavoro e il Ministero dell’Istruzione.
Giuseppe Merlin era il direttore della scuola e per i maestri si avvalse dei propri figli i Maestri d’arte Vasco e Remo.
I Maestri Vasco e Remo e gli altri artigiani sono immortalati nella famosa foto storica scattata intorno al 1930 nella scuola-bottega di Asparetto, una immagine ormai simbolo degli artigiani del mobile d’arte.
Nella scuola, si insegnava disegno,storia dell’arte , ma soprattutto la lavorazione del legno e con esso quei segreti che avrebbero generato quei capolavori che avrebbero assicurato un patrimonio artistico destinato a durare nel tempo.Anticamente le arti come tra cui la pittura, scultura ed ebanisteria venivano apprese nelle botteghe artigiane e le scuole delle Belle Arti erano soprattutto il luogo dove imparare manualmente il mestiere dell’artista-artigiano.
La bottega-scuola del mobile d’arte di Merlin Giuseppe, poi Cavaliere al Lavoro, funzionava senza riconoscimento dell’istituzione statale anche prima del 1930 infatti un primo catalogo di fotografie delle opere della scuola risale al 1918 e dunque la scuola doveva essere all’epoca già ben avviata.
La produzione consisteva nella copia fedele di mobili autentici ma anche nell’ “invenzione” vera e propria di mobili in uno stile antico . Spesso i clienti chiedevano un mobile “inventato” perché dovevano accompagnarlo ad altri mobili antichi già esistenti.La creazione geniale di Giuseppe Merlin stava proprio nell’inventare mobili che non erano mai esistiti pur rispettando i canoni della storia dell’arte.

L’impulso all’economia locale fu così importante che la via dove sorgeva la scuola fu chiamata Via Belle Arti e ancor oggi mantiene il nome.

Vasco Merlin (il secondo da destra in giacca e cravatta) con i “suoi” falegnami.
Accovacciati in prima fila Gaetano Tavella e Rino Malvezzi, Gino Franceschini,Mario Borsarini e Tullio Vedovelli. Dietro di loro Arsenio Bellè*, Gino Montagnoli,Olimpio Ferrarese*, Aldo Bertù, Dino Fanti, e Bruno Gobbi. In terza fila Marino Patuzzo* e Mario Pettene e Adriano Dionisi*, Giuseppe Faccio*, Angelo Cavallaro e Lino Speranza*.
In quarta fila Mario de Carli*, Giuseppe Perazzani, Adriano Vesentini, Ernesto Molinari, Pompilio Zavanella, Giuseppe Masaia, Remo Merlin ,Alberto Tomelleri, Vasco Merlin e Pietro Panozzo.In alto Giuseppe Padovani, Bruno Zuliani,Remo Guarnieri,Pietro Cherubini,Giobatta Pantano,Danilo Rossignoli,Marcello Marchi, dietro Giuseppe Ferrari e Battista Pantaloni.Remo De Paoli,Egidio Vesentini,Arduino Colato e Oreste Frisoni, gli ultimi due con basco e sigaretta sono i fratelli Corsini.

Nel 1920 gli artisti che si erano messi in proprio e avevano aperto una propria bottega erano già una quindicina ma è dopo gli anni ’30 che la fama si diffonde e il lavoro cresce. Antiquari veronesi e poi da tutta Italia portavano mobili da rifare e rimettere in sesto.
L’esperienza commerciale e la conoscenza diretta dei vari modelli fecero diventare Giuseppe Merlin una vera autorità nel campo del mobilio d’altri tempi.Nei primi anni dopo la guerra 14-18 era già di tutto il veronese il più noto ed apprezzato esperto.

Negli anni ’30 la fama del mobile d’arte si diffuse in ogni dove e le opere uscite dalle mani degli umili e pazienti artigiani di Asparetto vennero richieste in tutta Italia. C’era la corsa all’acquisto e la bottega – scuola non riusciva più a stare dietro alle richieste.
Il Merlin ha allora un’altra geniale intuizione che darà inizio al decentramento produttivo : specializza alcuni allievi in una determinata fase della lavorazione e quando sono in grado di produrre da soli li incentiva a continuare a casa propria il lavoro,fornisce loro la materia prima, il bancone da falegname e i pochi utensili che servivano. In questo modo non solo potevano lavorare più comodamente ma si fanno aiutare anche dai familiari espandendo così anche a questi quanto appreso alla “Scuola del Merlin”.

Si iniziò prima con la lucidatura che veniva affidata a manodopera prevalentemente femminile, dopo fu la volta dell’ intarsio, la radicatura, l’imbottitura . Ad esempio le tarsie vennero date fuori portando nelle botteghe il materiale grezzo di decoro dopodiché l’artigiano riconsegnava la tarsia lavorata con il traforo alla bottega principale che l’assemblava.
Successivamente cominciarono ad essere commissionate all’esterno della bottega anche le parti del mobile come ad esempio le gambe, gli intagli, la costruzione dello scheletro del mobile e l’economia della bottega cominciò ad espandersi al paese e poi ai paesi vicini.Fu ad iniziativa di Remo Merlin che si estese la lavorazione anche a Casale di Scodosia e a Bassano del Grappa, egli decentrò alcune fasi della lavorazione del mobile grezzo , “esportando” così anche a quei comuni alcune fasi della lavorazione.
La prima scuola d’arte venne istituita con un contributo del ventennio,e della cosa Giuseppe Merlin non se ne vantava, ma così portò nella sua scuola decine di giovani che impararono il mestiere.
Il governo aveva chiaro il disegno che le masse si potevano affrancare dalla cultura seminariale solo se si poteva dare loro istruzione, lavoro ed economia,ma i latifondisti scoprivano che ciò non è proprio quello che volevano e che la bottega del Merlin portava via manodopera abbondante e a buon mercato, oltre che oscurare il ceto agrario.
Il lavoro dell’ artigianato dava soddisfazione e affrancava dalla terra. I giovani erano più attratti dalla bottega che dal lavoro dell’agricoltura. La Chiesa non vedeva di buon occhio questo affrancamento che allontanava dai sacramenti e che produceva laicismo.
L’epopea fascista conteneva nella sua genesi quelle contraddizioni che la portarono alla sua crisi.
Nel teatro nazionale a fronte dei vecchi ceti sociali si affacciavano le masse operaie e il nuovo ceto borghese, nella fattispecie il divenuto borghese Giuseppe Merlin.
Questi nuovi ceti sociali si affrontavano spietatamente nel panorama nazionale e locale in cerca di vecchi e nuovi privilegi.
La bottega del Merlin ne era un esempio, equidistante ed equivicina a tutti i poteri e funzionale a tutti, finchè gli agrari della “Bassa Veronese” non scoprirono di dover fare i conti con il nuovo borghese che, se da un lato toglieva la manodopera ai campi, dall’altro evitava che si formassero in questi territori gruppi operai o bracciantili troppo organizzati.
Nel 1933 Giuseppe Merlin collaborò con l’ Ente Nazionale per l’Artigianato e le Piccole Industrie (ENAPI) organismo tecnico della Federazione ma il suo allineamento alle direttive del regime non gli impedì, e con ciò rivelando la sua personalità veramente indipendente, di sviluppare la sua opera anche se osteggiato dai potestà dei comuni vicini.Nel 1934 l’ Istituto Nazionale del Lavoro organizzava e finanziava la scuola- bottega del mobile d’arte Merlin e il figlio Vasco diventava il direttore.
Nel 1939 la ditta Merlin presentava il mobile d’arte all’ Esposizione Universale di New York e la bottega artigiana era divenuta una vera e propria industria .
Ogni anno sorgevano decine di botteghe, e i giovani vedevano il nuovo lavoro come un miraggio.
Il successo del mobile d’arte e tutti questi laboratori artigiani che sorgevano scompaginarono il disegno degli agrari locali che avevano finanziato e voluto il fascismo anche nei territori della bassa veronese, che iniziarono a boicottarlo. Tacciano il mobile d’arte di falsità e accusano gli artigiani di imbrogliare i clienti.
In verità erano forse i commercianti che acquistavano dagli artigiani ad imbrogliare i clienti poiché chi veniva qui a comperare un mobile in una bottega artigiana sapeva di acquistare una produzione recente.
Chi va al mare trova l’acqua!
Viene messa in giro la favoletta che Merlin è solo un povero falegname privo di alcuna nozione sulla storia dell’arte , che casualmente incontra successo, gli artigiani vengono tacciati di ignoranza e di riprodurre copie malamente rifatte senza alcun pregio artistico . Le maestranze locali dei comuni vicini ignoravano il piccolo paese di Asparetto e con l’aiuto degli agrari si cercò di limitare il fenomeno e di contenerlo fino al dopoguerra, quando ciò risultò impossibile.
Con l’avvento della guerra gli uomini venivano chiamati alle armi ma la ditta che aveva partecipato a varie esposizioni estere aveva iniziato ad esportare mobili e conseguentemente ad importare valuta pregiata.

Cosicchè gli uomini servivano in fabbrica.Coloro che avevano un posto fisso,utile alla Patria, avevano qualche possibilità di evitare o posticipare la chiamata delle armi.
Vasco Merlin impiega direttamente e indirettamente centinaia di lavoratori, che figureranno essere necessari per la produzione di merce destinata all’esportazione.Poi il governo fece sostituire gli operai richiamati alle armi con le donne.Venne istituito un apposito “Corso di rimettitura ed intarsio” per le donne.Infine lo stesso Merlin Vasco venne richiamato alle armi.
Ma già erano riusciti a formarsi centinaia di ‘discepoli’ – uomini e donne- della laboriosa costruzione del mobile d’arte , fantastici artigiani che nel dopoguerra ripresero il lavoro e crearono uno dei maggiori centri di produzione del mobile . Giuseppe Merlin non solo era riuscito nel suo intento di formare
una scuola che fosse depositaria e garante dei segreti della lavorazione del legno ma era andato ben oltre quello che poteva prevedere: aveva creato una classe artigiana autonoma competente in tutto il ciclo della lavorazione.